Pharma

 What are NAMs?

NAMs (New approach methodologies) can be defined as a number of alternative methods to assess the hazard of chemical substances and drug active substances which implies the reduction of animal testing. NAMs includes “in silico” approaches, “in chemico” and “in vitro” assays, as well as the inclusion of information from the exposure of chemicals in the context of hazard assessment. They also include a variety of new testing tools, such as “high-throughput screening” and “high-content methods” e.g. genomics, proteomics, metabolomics; as well as some “conventional” methods that aim to improve understanding of toxic effects, either through improving toxicokinetic or toxicodynamic knowledge for substances.

 

Is there still the need to reduce animal testing?

Yes, Sure! The 3Rs Principle (Reducion, Replacement, Refinement) is still under implementation. It was firstly discussed in 1959 in USA and later developed in order to improve animal welfare during experimental studies and, at the same time and most importantly, to decrease such use. In the latter 20-30 years many alternative methods has been set up and now regularly used in the evaluation of hazardous properties of chemical substances and drug active substances. They include the “in vitro” studies and lastly the “in silico” approach where the relationship between the chemical structure of a substance and possible adverse effects (toxicological and eco-toxicological end-points) is studied.

 

Are there regulations including NAMs approaches considered alternative to the traditional approach)?

In April 19-26, 2016 the European Chemical Agency (ECHA) organized the workshop “New Approach Methodologies in Regulatory Science” where the importance of such approaches, advantages and how to adopt it in the frame of the safety assessment were discussed. The REACH annexes were amended in 2016 and 2017 to require companies to use NAMs for certain endpoints under certain conditions. Following these amendments, the use of non-animal tests have tripled for skin corrosion/irritation, quadrupled for serious eye damage/eye irritation, and increased more than 20-fold for skin sensitization (ECHA, 2020 reported).

 

REACH registration implications

Before registrants conduct higher-tier tests for assessing the safety of chemicals they import or manufacture, Article 40 of REACH requires that they submit details on their testing plans to ECHA. In that submission, companies must detail how they considered NAMs before proposing an animal test. ECHA must agree on these proposals before a company can conduct a new animal test under Annex IX or X. ECHA may reject, accept, or modify the proposed test. As required by REACH, all testing proposals involving testing on vertebrate animals are published on ECHA’s website to allow citizens and organizations the opportunity to provide information and studies about the substance in question. ECHA will inform the company that submitted the testing proposal of the Member State Committee’s decision and is required to take into account all studies and scientifically valid information submitted as part of the third-party consultation when making its decision.

 

Are NAMs applicable in other sectors (i.e. Pharma, Food)?

The answer is yes! NAMs are methods that applies during the evaluation of chemical hazardous properties of a chemical. Therefore can be easily used in the pharma sector in different applications such as PDE evaluation, OEL/OEB determination, Extractable and Leachables (E&L) toxicological evaluation and so on. In the food area they may be useful to determin the toxicological profile of food components and/or addititives.

 

Who can use/handle NAMs approach properly?

NAMs are not simple! They are composed by complex flow charts where a number of relevant information are requested to get a suitable and usable result. Robust data research can be required to start the evaluation as well as good practice with read-across, QSARs and family approaches. The capacity to judge the real need to go with animal studies is needed as well.

 

Chemsafe experts are deeply involved in NAMs application in various areas of activity. In case of needs, do not hesitate to contact us at chemsafe@chemsafe-consulting.com.

Cosa è la tossicologia regolatoria

La tossicologia regolatoria è una branca particolare della tossicologia sperimentale, storicamente derivata dalla farmacologia, per lo studio degli effetti avversi degli xenobiotici, che si basa sulle richieste contenute in norme nazionali e, ormai sempre più spesso internazionali, riguardanti la sicurezza di prodotti chimici e farmaceutici. La tossicologia regolatoria, che potremmo definire una scienza applicata, ha i suoi esordi in concomitanza con il rilascio dei primi regolamenti europei sulla sicurezza chimica (Dir. ECC 67/548) e sulle norme internazionali per la messa in commercio di prodotti farmaceutici successivamente armonizzate dalle linee guida ICH (International Conference of Harmonisation). Dalla tossicologia regolatoria che si occupa dei pericoli per la salute umana deriva la scienza eco-tossicologica che si occupa invece dei pericoli per l’ambiente naturale.

 

Quali sono le finalità dell’approccio tossicologico

La finalità della valutazione tossicologica e/o eco-tossicologica è la definizione dei pericoli associati ad una determinata struttura chimica (sostanza) o miscela chimica (prodotto) e la successiva valutazione della “dose sicura” o “dose senza effetto avverso”. Sulla base di questa conoscenza si possono, a seguito, impostare le valutazioni del rischio durante l’uso di questa sostanza o miscela in un determinato scenario espositivo ed prevedere, se necessarie, misure di mitigazione dello stesso. La finalità ultima è garantire che una eventuale esposizione alla sostanza o miscela sia trascurabile e, in ogni caso, non porti ad effetti avversi sulla salute umana o per l’ambiente naturale.

 

Quali sono gli approcci utilizzati per la valutazione tossicologica

Ogni attività di valutazione tossicologica inizia da una attenta valutazione dei dati disponibili attraverso una estensiva ricerca su banche dati specifiche accompagnata da una valutazione della affidabilità del dato ottenuto. A questa fa seguito la cosiddetta “Data Gaps Analysis” che permette di valutare “cosa manca” e quali end-point sono ancora da valutare. Parte quindi la fase sperimentale con l’effettuazione di studi tossicologici ad hoc. Infine, viene redatto un Expert Report sul profilo tossicologico della sostanza o miscela oggetto di studio. Questo documento viene sottoscritto dal valutatore e dal tossicologo senior. In Chemsafe, dai nostri due ERT (European Registered Toxicologists).

 

La sperimentazione tossicologica prevede l’uso di animali, in particolare vertebrati?

Essa prevede ancora l’utilizzo di animali per alcuni end-points specifici, inclusi vertebrati, anche se da molti anni in base al Principio delle 3Rs (Replace, Reduce, Refine) molti studi sono stati sostituiti con approcci “in vitro” ed in particolare con l’approccio “in silico”. Quest’ultimo permette, attraverso l’utilizzo di metodologie struttura-attività di predire l’eventuale presenza di un effetto avverso in base alla struttura chimica della sostanza. Recentemente, molti regolamenti del settore chimico, hanno inserito l’approccio NAM (New Approach Methodologies) che integra le varie e più moderne metodologie per la valutazione del pericolo e del rischio delle sostanze chimiche limitando l’uso degli animali. La sostituzione dell’animale nella sperimentazione è un processo tuttora in corso che ci porterà ancora altre interessanti novità.

 

Come si diventa tossicologi regolatori

Non esistono scuole specifiche, se non molto di base, per diventare tossicologi regolatori. E’ necessaria una solida base scientifica e poi tanta esperienza sul campo. Il processo di “Learning by Doing” è fondamentale per raggiungere una appropriata conoscenza del settore e quindi una capacità professionale adeguata. Tale professionalità può essere raggiunta lavorando presso società di consulenza, università e/o società commerciali.

 

…in Chemsafe

La tossicologica regolatoria è la specialità che contraddistingue la nostra società rispetto ad altre. Essa, inoltre, lega come un filo rosso le attività svolte nelle nostre quattro Business Units (BU Chemical, BU Pharma, BU Medical Devices e BU Food). Riteniamo la formazione in questa disciplina un fattore irrinunciabile per i nostri collaboratori; formazione che viene svolta sia internamente (da colleghi già esperti – senior) che esternamente per argomenti più specifici (e.g. risk assessment/effect assessment, etc). La padronanza di tale disciplina si connota quindi come un patrimonio aziendale unico.

 

Se volete saperne di più non esitate a contattarci a chemsafe@chemsafe-consulting.com.

L’origine: Il Principio delle 3Rs

Il principio delle 3Rs riguardanti la sperimentazione animale è stato postulato nel 1959 da William Russell e Rex Burch in un libro intitolato “Principles of Humane Experimental Technique”. Esso è oggi ampiamente riconosciuto a livello internazionale dagli scienziati quasi come un obbligo morale. È inoltre richiamato in molte legislazioni nazionali ed internazionali (es. regolamenti europei) riguardanti la sicurezza delle sostanze chimiche. Consiste, in breve, in tre azioni:

Sostituzione (Replacement). Sviluppo di metodi che consentono di raggiungere un determinato scopo senza bisogno di condurre esperimenti o altre procedure scientifiche sugli animali. Riduzione (Reduction). Sviluppo di metodi che permettono di ottenere livelli comparabili di informazioni impiegando un minor numero di animali nelle procedure scientifiche o che permettono di ricavare maggiori informazioni dallo stesso numero di animali. Perfezionamento (Refinement). Sviluppo di metodi che alleviano o riducano al minimo il dolore, la sofferenza e l’ansietà potenziali e che migliorino il benessere degli animali.

 

Qual è l’approccio dei metodi di predizione “in silico”?

Lo sviluppo di metodi alternativi “in silico” si inserisce a tutti gli effetti nel Principio di Sostituzione precedentemente affermato nell’ambito delle 3Rs cercando di portare ad un minore utilizzo di animali (in particolare vertebrati) nella ricerca sperimentale. Con la definizione “metodi in silico” si indicano un insieme di tecniche che permettono di ottenere informazioni sulle proprietà chimico-fisiche ed attività biologiche di sostanze chimiche utilizzando unicamente strumenti di tipo informatico (da qui il termine “in silico”). In particolare, tra di essi uno dei metodi più rilevanti ed utilizzati è rappresentato dall’approccio Relazione-quantitativa-struttura-attività (Quantitative Structure-Activity Relashionship: QSAR). Esso è nato in ambito farmacologico molti anni fa ma ha avuto negli ultimi 10-15 anni un notevole sviluppo grazie alla sua introduzione nei regolamenti europei (e non solo) riguardanti la sicurezza delle sostanze chimiche, in primis il Reg. 1907/2006 (REACH). I metodi “in silico” mettono in relazione la struttura chimica della sostanza in studio con la possibilità di mostrare una proprietà biologica (tossicologica) della stessa valutando specifici end-points.

 

Come lavorano i QSAR?

Nel QSAR si sviluppano modelli matematici che legano la struttura teorica di un composto a una determinata proprietà di interesse. Questo viene fatto attraverso diverse tecniche di Machine Learning che per costruire il modello hanno bisogno di un insieme di dati noti per l’apprendimento. Dunque, in parole semplici, il punto di partenza è un insieme di molecole per le quali è noto sperimentalmente il valore della proprietà di interesse e questo insieme viene usato per apprendere quali caratteristiche delle strutture chimiche possono essere legate a valori maggiori o minori della proprietà (e infatti l’insieme viene chiamato training set). Questo processo di apprendimento porta alla creazione dello specifico modello che sarà poi in grado di fornire una predizione della proprietà per qualsiasi nuova struttura sia fornita in input. Quindi i QSAR sono modelli matematici costruiti attraverso un processo di estrazione di informazioni utili da un insieme di dati noti di apprendimento, in genere si applicano sistemi esperti (Rule-based expert) e sistemi statistici (Statistical-based). Tutti i sistemi di predizione, se applicati in ambito regolatorio, devono essere affidabili, essere condotti secondo i criteri dell’OECD, rispondere ai criteri di classificazione del regolamento CLP ed i loro report devono essere validati.

 

Chi può utilizzare con successo i metodi di predizione:

L’applicazione di questi metodi alternativi necessità di esperti e di grande esperienza maturata sul campo (Learning by doing). In genere, le persone che si avvicinano e si appassionano a questi approcci sono laureate in Chimica, Farmacia, CTF ma non dimentichiamo l’importanza del lavoro di team. Soprattutto nel settore della tossicologia regolatoria, la presenza di un tossicologo (background di tipo biologico) nelle valutazioni finali degli out-put dell’approccio in silico è fondamentale. Il costante confronto tra dati ottenuti da fonti bibliografiche, dati sperimentali su sostanze similari, dati su end-point tossicologici affini ed i risultati delle predizioni “in silico” rende la valutazione finale robusta ed accettabile ai fini regolatori.

 

Quanti tipo di metodi in silico esistono?

Tantissimi! Nel settore della “safety” sono stati sviluppati tanti metodi in relazione all’alto numero di end-points di sicurezza da studiare.  Molti, soprattutto quelli relativi agli end-points ambientali, sono reperibili gratuitamente su Internet….ma attenzione alla loro applicazione se non siete esperti. Risultati fuorvianti sono altamente possibili! Altri, più sofisticati e supportati da dati qualitativamente e quantitativamente più significativi, sono offerti in licenza da ditte specializzate. Un buon approccio consiste nell’applicare più metodi/approcci per end-point e poi effettuare una valutazione del consenso. E’ suggeribile pertanto ottenere più metodi ed effettuare sempre un lavoro di comparazione dei risultati per emettere il “verdetto” finale.

 

Continuerà lo sviluppo di tali metodi?

Si…sicuramente per due fondamentali ragioni: 1) la costante volontà di perseguire la riduzione degli animali sperimentali nella ricerca biomedica, 2) la necessità di studiare nuove proprietà tossicologiche (richieste da vari regolamenti). Ne è un esempio la valutazione della proprietà di interferenza endocrina, complessa valutazione anche del meccanismo di azione.

 

 

Chemsafe, da anni, ha implementato la propria attività in questo settore. Ultimamente abbiamo arricchito il team della BU Pharma con un esperto dedicato. Non esitate, pertanto, a contattarci presso chemsafe@chemsafe-consulting.com

Cosa significa eseguire una valutazione di impatto ambientale dei principi attivi farmaceutici?

La valutazione di impatto ambientale dei principi attivi farmaceutici è richiesta sin dal 2006 da una specifica linea guida EMEA (ora EMA). Essa pone l’attenzione sulla verifica dell’impatto ambientale di tali principi attivi quando rilasciati dal paziente durante l’uso terapeutico. La linea guida è stata emessa in virtù di una imponente letteratura scientifica riportante casi eclatanti di impatti ambientali in alcune specie acquatiche e non solo. E’ da chiarire fin da subito che non si applica a rilasci incidentali dagli impianti produttivi dei farmaci.

 

Qual è il processo di valutazione ERA

Molto sinteticamente si tratta, in prima istanza, di calcolare semplicemente il valore della PEC (Predicted Environmental Concentration) dell’attivo oggetto dello studio e metterlo in relazione ad un valore di riferimento indicato nella linea guida. Se il valore calcolato è superiore al valore di riferimento sarà necessario proseguire con la valutazione tramite l’esecuzione di un pacchetto di studi sperimentali atto a verificare le proprietà eco-tossicologiche e di destino ambientale della sostanza al fine di determinare il pericolo intrinseco della stessa ed eseguire la valutazione del rischio.

 

Di quali studi si tratta? E’ un processo step by step?

Come detto gli studi da effettuare sono di carattere eco-tossicologico da una parte e di destino ambientale dall’altro. Si applica sempre un approccio step by step secondo il quale i risultati dei primi studi eseguiti posso indicare la necessità di eseguirne degli altri al fine di approfondire valutazioni specifiche. Per la parte eco-tossicologica si parte con studi acuti per poi eventualmente giungere a studi di durata prolungata o specifici per alcune specie (piante, alghe). Per la parte di destino ambientale si parte con la definizione “generica” del coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua per verificare una potenzialità di bioaccumulo. Il base al risultato di questo possono essere necessari studi sperimentali più complessi di bioaccumulo, biodegradabilità, degradabilità. Ad ogni fase successiva di raccolta di sperimentali corrisponde un aggiornamento della valutazione del rischio che viene pertanto “raffinata” al progredire della sperimentazione. Studi addizionali possono sempre essere richiesti dalle Autorità Competenti nazionali se non soddisfatte dalle valutazioni presentate; a volte possono essere necessarie discussioni con le stesse per discutere un determinato approccio scientifico/sperimentale da adottare.

 

Quando finisce la valutazione del rischio ambientale?

Come detto, la valutazione ERA è un processo che ha un inizio ma potenzialmente non una fine. Questo è dovuto al fatto di dover applicare un approccio step by step, dalle eventuali richieste delle Autorità Competenti e, non da meno, da progresso tecnico-scientifico-regolatorio che impone nuove valutazioni del rischio in relazione e nuove evidenze di impatto ambientale.

 

Dal 2006 vi sono state novità regolatorie di rilievo?

La linea guida del 2006 ha adottato i principi della valutazione del pericolo e del rischio ambientale mutuandoli dai criteri in applicazione per le sostanze chimiche. Non è un caso che lo stesso anno sia stato pubblicato il Regolamento Europeo REACH che rivoluzionava in particolare proprio i criteri di valutazione del rischio nei vari scenari di uso previsti per una determinata sostanza chimica. Da quel momento qualcosa è cambiato: di rilevanza si può citare la necessità di effettuare studi sperimentali e non ricavare dati citati da fonti bibliografiche spesso poco affidabili (low reliable). La necessità di avvalersi di esperti eco-tossicologi e di valutazione del rischio ambientale è inoltre stata sottolineata da più parti.

 

Ci sono state rilevanti novità negli ultimi 3-5 anni?

Nel 2018 è stata emessa una linea guida in bozza allo scopo di aggiornare la “vecchia” linea guida del 2006. Le più rilevanti novità sono state l’introduzione della valutazione specifica degli Interferenti Endocrini (EDS= Endocrine Disrupting Substances) ed un rafforzamento della valutazione PBT (Persistenti, Bioaccumulabili, Tossici). In particolare, nel primo caso la valutazione EDS dovrà essere effettuata in parallelo alla valutazione delle proprietà eco-tossicologiche. In tal modo viene enfatizzata la necessità di tale valutazione viste le problematiche esistenti in molti farmaci (es. hormone-like) per questo end-point di sicurezza. La linea guida non ha mai visto la luce in forma definitiva probabilmente in relazione alla attuale revisione della legislazione europea per i farmaci dove per la valutazione ERA si aspettano novità rilevanti.

 

Una volta definito un ERA sono a posto?

Bisognerà sempre tenere presente il progresso scientifico che nel settore ambientale fa passi da gigante. Per questa ragione, è probabile che la nuova legislazione farmaceutica possa richiedere anche aggiornamenti dei dossier ERA in base alla disponibilità di nuovi approcci sperimentali o nuove tematiche da studiare.

 

Chemsafe, sin dal 2006, ha affrontato un notevole numero di valutazione ERA con i suoi esperti della BU Pharma. Siamo pronti ad aiutarvi nell’implementazione delle nuove richieste che verranno. Non esitate, pertanto, a contattarci presso chemsafe@chemsafe-consulting.com.

Cosa sono i OELs o Occupational Exposure Levels?

Innanzitutto, dobbiamo partire con il dire che si tratta di valori che si applicano al settore farmaceutico, in primis, ma non solo. La tutela dei lavoratori è un tema ormai diffuso in tutte le attività industriali. Dall’inglese il valore OEL non è nient’altro che un valore di esposizione giornaliera dell’operatore considerata sicura quando esposto ad una determinata sostanza negli impianti di produzione.

 

Cosa vuol dire impianti produttivi

Per impianti produttivi si intende qualsiasi impianto che utilizzi e produca sostanze chimiche e altresì miscele chimiche intese come la somma di più sostanze chimiche (formulazione). Gli operatori professionali che lavorano in tali impianti sono pertanto esposti nei vari momenti di lavorazione alle materie prime utilizzate, agli intermedi di processo e ai prodotti finali (sostanze e/o miscele) nonché ai prodotti di scarto della lavorazione.

 

Quali sono i rischi associati?

L’esposizione ad un certo agente chimico dipende innanzitutto dal tipo e durata di esposizione. Quando parliamo di tipo si intende che l’esposizione può avvenire per via dermale, orale e, nella maggior parte dei casi, per via inalatoria (respirazione da parte dell’operatore della sostanza). Quando invece di parla di durata dell’esposizione si intende una esposizione acuta (fuoriuscita accidentale di un certo quantitativo di sostanza da una porzione dell’impianto produttivi durante una certa fase della produzione) oppure prolungata. In questo secondo caso si tratta di una esposizione bassa, a volte non misurabile, ma costante all’agente chimico. La differenza tra le due sta anche nella possibilità di determinarle: nel primo caso sicuramente riscontrabile con successivi interventi correttivi; nel secondo caso, a volte, non riscontrabile e difficilmente soggetta a correzione.

 

Classi di pericolosità

E’ ormai consolidato ritenere che l’esposizione ad una determinata sostanza chimica può determinare un effetto avverso in base alle proprietà intrinseche di pericolo della sostanza stessa oltre che dalle condizioni sopra espresse (tipo e durata dell’esposizione). Vi sono sostanze che non sono formalmente classificate per la loro pericolosità e sostanze che lo sono. Ricordiamo brevemente le maggiori classi di pericolo per la salute umana: irritante (cute e occhi), sensibilizzante, tossicità acuta, tossicità cronica, mutageno, genotossico, tossico per la riproduzione, cancerogeno, interferente endocrino.

 

 

Quali conseguenze abbiamo nella vita dell’operatore?

Brevemente, in base a ciò che è stato illustrato qui sopra, le conseguenze possono essere di due tipologie: effetti acuti dovuti ad incidenti (esposizione acuta); malattie professionali dovute ad esposizione cronica.

 

… quindi veniamo al dunque!

Il produttore è pertanto obbligato ad eseguire una valutazione di carattere tossicologico delle sostanze utilizzate e prodotte durante un determinato ciclo produttivo al fine di determinarne i livelli di esposizione occupazionale.

 

Come si fa la valutazione OEL

La valutazione del profilo tossicologico di una certa sostanza viene eseguita con i metodi e gli approcci classici della tossicologica regolatoria. Una estensiva ricerca di dati viene eseguita in prima battuta al fine di raccogliere una quantità significativa di dati di sicurezza per un certo numero di end-point tossicologici come sopra descritti. Una volta ottenuti i dati si procedere con la valutazione della loro affidabilità, una sorta di scrematura in base alla loro qualità e successivamente alla identificazione dell’effetto critico cioè l’effetto più significativo che viene preso a riferimento per i successivi calcoli. La tipologia dell’effetto critico selezionato caratterizzerà il successivo approccio per il calcolo numerico del valore dell’OEL. Il metodo classico prevede l’applicazione di fattori di sicurezza sul cosiddetto “Point of Departure” (PoD), ad es. un valore di NOEL o NOAEL oppure, in alcuni casi, l’adozione di valori di sicurezza già pubblicati da Enti Regolatori noti ed universalmente accettati. Il lavoro viene descritto in un Expert Report a firma del valutatore e del Tossicologo Senior; in genere qualificato ERT (European Registered Toxicologist).

Il valore di OEL così circostanziato nell’Expert Report viene successivamente utilizzato dalle industrie per la decisione riguardante l’applicazione di misure di gestione del rischio (Risk Management Measures) che si riconducono al tema del “contenimento” tecnico della sostanza/e oggetto dell’esposizione.

 

Una volta definito il valore OEL sono a posto?

La scienza tossicologica è in continua evoluzione come altresì le norme di riferimento internazionali (Regolamenti, linee guida ICH, etc.). Tutto ciò porta ad una costante aggiornamento dei dati disponibili su determinate sostanze. Vi è pertanto una necessità di aggiornamento continuo delle valutazioni OEL in particolare quelle svolte nei primi anni di attività (2014, 2015, 2016). Si suggerisce pertanto, in alcuni casi, una attività di revisione che consiste nell’applicazione di una nuova ricerca bibliografica per la verifica della presenza di nuovi dati e, se esistenti, nella rivalutazione dell’intero approccio di calcolo.

 

Chemsafe da ormai 9 anni offre un servizio qualificato di questa attività portata avanti nella nostra BU Pharma. Sono stati emessi circa 1.000 Expert Reports.

Se volete saperne di più non esitate a contattarci a chemsafe@chemsafe-consulting.com.

Cosa sono i PDE o Permissible Daily Exposure?

Innanzitutto, dobbiamo partire con il dire che si tratta di valori che si applicano al settore farmaceutico, nello specifico proprio a livello di sito produttivo dei principi attivi.

Dall’inglese il valore PDE non è nient’altro che un valore di esposizione giornaliera considerata sicura che si applica alle sostanze negli stessi impianti di produzione.

Questo valore viene calcolato ed è necessario per la valutazione della possibile presenza, conseguente a cross-contamination negli impianti produttivi “multi-purposes” di diversi principi attivi farmaceutici.

 

Cosa vuol dire impianti produttivi “multi-purposes”?

Gli impianti produttivi farmaceutici sono messi a punto non unicamente per un singolo principio attivo ma per soddisfare la produzione di diversi principi attivi (sarebbe insostenibile altrimenti!). Per banalizzare potremmo avere un impianto che viene utilizzato per un mese per sintetizzare ibuprofene e il mese successivo paracetamolo.

 

Quali sono i rischi associati a questa operatività?

È chiaro che tra un ciclo di produzione e l’altro (cicli di produzione di principi attivi diversi) gli impianti devono essere puliti dai residui delle sostanze processate (non che dallo stesso principio attivo finale) per poter garantire che questi non contamino il prodotto successivamente sintetizzato (cross-contamination).

Seppur siano state messe a punto procedure impeccabili di lavaggio, i residui, si sa, sono difficili da eliminare e quindi contaminano inevitabilmente il prodotto successivo. Pertanto, la loro presenza deve essere valutata.

 

Quali conseguenze abbiamo nella vita vera?

Il tema è legato alla possibile esposizione del paziente in cura con un certo farmaco il cui principio attivo (A) viene prodotto a seguito di un precedente principio attivo (B) di altro farmaco. Il tenore di possibile contaminazione di (B) in (A) potrebbe determinare effetti tossicologici avversi e non desiderati nel paziente in cura con (A).

 

… quindi veniamo al dunque!

Il produttore è obbligato ad eseguire una valutazione di carattere tossicologico (pericolo e rischio) di tale potenziale contaminazione per adottare procedure di pulizia (cleaning) efficaci a dimostrare l’abbattimento (sufficiente o totale) della contaminazione del farmaco (A) oppure dimostrare l’essenza di rischio significativo di tale contaminazione.

 

Come si fa la valutazione PDE

La valutazione del profilo tossicologico di un certo principio attivo viene eseguita con i metodi e gli approcci classici della tossicologica regolatoria. Una estensiva ricerca di dati viene eseguita in prima battuta al fine di raccogliere una quantità significativa di dati di sicurezza per un certo numero di end-point tossicologici. Tra i più importanti si ricorda: la tossicità a lungo termine, la mutagenesi, la genotossicità, il carattere di cancerogenicità, la tossicità riproduttiva, il potere sensibilizzante e le proprietà di interferenza endocrina. Una volta ottenuti i dati si procedere con la valutazione della loro affidabilità, una sorta di scrematura in base alla loro qualità e successivamente alla identificazione dell’effetto critico cioè l’effetto più significativo che viene preso a riferimento per i successivi calcoli. La tipologia dell’effetto critico selezionato caratterizzerà il successivo approccio per il calcolo numerico del valore del PDE. Il metodo classico prevede l’applicazione di fattori di sicurezza sul cosiddetto “Point of Departure” (PoD), ad es. un valore di NOEL o NOAEL oppure, in alcuni casi, l’adozione di valori di sicurezza già pubblicati da Enti Regolatori noti ed universalmente accettati. Il lavoro viene descritto in un Expert Report a firma del valutatore e del Tossicologo Senior; in genere qualificato ERT (European Registered Toxicologist).

Il valore di PDE così circostanziato nell’Expert Report viene successivamente utilizzato dalle società farmaceutiche per le valutazioni di cleaning necessarie ad abbattere tale contaminazione oppure, in alcuni casi, nella decisione di adottare misure tecniche migliorative o, in casi estremi ma a volte reali, di progettare ed implementare impianti dedicati a particolari produzioni.

 

Una volta definito il valore PDE sono a posto?

La scienza tossicologica è in continua evoluzione come altresì le norme di riferimento internazionali (Regolamenti, linee guida ICH, etc.). Tutto ciò porta ad una costante aggiornamento dei dati disponibili su determinate sostanze. Vi è pertanto una necessità di aggiornamento continuo delle valutazioni PDE in particolare quelle svolte nei primi anni di attività (2014, 2015, 2016).

 

È tema attuale quindi la richiesta di aggiornamento degli Expert Report già emessi da parte delle società farmaceutiche. L’attività di revisione consiste nell’applicazione di una nuova ricerca bibliografica per la verifica della presenza di nuovi dati e, se esistenti, nella rivalutazione dell’intero approccio di calcolo. Una revisione formale dell’Expert Report viene comunque eseguita anche in assenza di nuovi dati proprio per rivalidare la precedente valutazione e renderla aggiornata.

Chemsafe da ormai 9 anni offre un servizio qualificato di questa attività portata avanti nella nostra BU Pharma. Sono stati emessi circa 2500 Expert Reports.

 

Se volete saperne di più non esitate a contattarci a chemsafe@chemsafe-consulting.com.

 

Il Veleno d’ape, anche chiamato Apitossina, è il veleno dell’Apis mellifera ed è stato utilizzato fin dall’antichità per le sue proprietà antinfiammatorie e per la cura dei dolori articolari;
Ippocrate, il padre della medicina occidentale, nel V secolo A.C. consigliava il veleno d’ape per il
trattamento del dolore articolare e dell’artrite. Descriveva il veleno d’ape come un “Arcano”, una sostanza misteriosa di cui conosceva le proprietà curativa ma non ne comprendeva i meccanismi di azione. Più recentemente il veleno d’ape è stato utilizzato per le sue proprietà rigeneranti cutanee, nel trattamento di problematiche dell’epidermide (psoriasi e dermatiti) e con un effetto antirughe e rimpolpante.

L’Apitossina e’ composta da diversi enzimi:

  • la  Melittina, rappresenta il 52% dei peptidi del veleno. E’ un potente agente anti-infiammatorio che induce l’organismo a produrre il cortisolo. Previene anche la distruzione delle cellule in caso di forte infiammazione. Agisce sul sistema immunitario, pilotando gli anticorpi verso le articolazioni.
  • la Fosfolipasi A2 rappresenta il 10-12% dei peptidi ed agisce come neurotossina. È un enzima che riesce a degradare le membrane cellulari. Provoca anche una riduzione della pressione sanguigna ed inibisce la coagulazione del sangue.
  • l’Adolapina rappresenta il 2-5% dei peptidi, agisce come anti-infiammatorio e analgesico in quanto blocca la cicloossigenasi.
  • il Peptide 401 (2-3%) e’ uno dei più potenti anti-infiammatori conosciuti. Agisce sull’ipofisi provocando la produzione di ACTH e quindi di cortisolo.
  • l’Apamina (2%), antinfiammatorio, accresce la produzione di cortisolo nelle ghiandole surrenali. Agisce come neurotossina.
  • le dopamine e noradrenaline rappresentano l’1-2% e provocano l’aumento della frequenza cardiaca.
  • i proteasi-inibitori rappresentano il 2% e agiscono come anti-infiammatori.
  • la ialuronidasi rappresenta l’1-3% dei peptidi, provoca la dilatazione dei capillari che a sua volta è la causa dell’allargamento dell’infiammazione.
  • le istamine rappresentano lo 0,5-2% e sono coinvolte nel meccanismo di risposta allergica.

 

La raccolta dell’apitossina avviene inducendo le api, con scariche elettriche a bassa tensione senza indurre dolore, ad estroflettere il pungiglione e quindi ad emettere il veleno. Utilizzando un apposito telaio collegato ad un dispositivo elettrico gli apicoltori ottengono la deposizione del veleno su una lastra di vetro senza che il pungiglione rimanga conficcato nel sovrastante telo di nylon. Una volta essiccato sulla lastra il veleno viene raschiato, conservato sotto forma di cristalli e commercializzato.

 

Nella cosmesi l’apitossina viene sfruttata per le sue proprietà: antirughe, per ridurre le cicatrici, per combattere la cellulite. Recenti studi sulle sue proprietà hanno inoltre dimostrato la sua eccezionale efficacia come antinfiammatorio e antidolorifico venendo utilizzato nei trattamenti (Apiterapia) in caso di:

  • Osteoartrite, Artrite Reumatoide, Artrosi
  • Reumatismi
  • Rigenerazione cellulare nel caso di ustioni, ferite, cicatrici.
  • Rigenerazione cellulare in casi di Psoriasi.

 

La nostra società è in contatto con un consolidato produttore di apitossina in Brasile nel distretto di Brasilia,  Andrea Mabrito. Traferitosi in Brasile circa una ventina di anni or sono, ora è il più grande produttore di prodotti  apistici di tale distretto inclusa la apitossina. Andrea è un imprenditore illuminato ed appassionato pronto a trovare acquirenti o rivenditori del suo prodotto sul mercato europeo.

 

Se volete saperne di più non esitate a contattarci a chemsafe@chemsafe-consulting.com.

 

Dal settore farmaceutico al settore dei dispositivi medici, sino al settore alimentare, la caratterizzazione degli Extractables (E) e dei Leachables (L) è un aspetto importante di qualità del prodotto.

Gli Extractables e i Leachables sono definiti in USP nel seguente modo:

 

Extractables:

Organic and inorganic chemical entities that are released from a pharmaceutical packaging/delivery system, packaging component, or packaging material of construction and into an extraction solvent under laboratory conditions.

 

Leachables:

Foreign organic and inorganic chemical entities that are present in a packaged drug product because they have leached into the packaged drug product from a packaging/delivery system, packaging component, or packaging material of construction under normal conditions of storage and use or during accelerated drug product stability studies.

 

Oltre alle potenziali fonti di E&L riportate nelle definizioni, è opportuno ricordare che tale tipologia di valutazione viene effettuata anche su componenti di processo (ad es. filtri) e sul packaging primario destinato a contenere gli intermedi di sintesi in fase liquida.

Tenendo bene a mente che le sostanze rilasciabili presenti in un prodotto finito possono modificare e alterare la stabilità del prodotto, nonché la sua efficacia, ma soprattutto possono rappresentare un pericolo per il paziente, un accurato controllo e una accurata valutazione degli E&L sono indispensabili.

 

Valutazione e controllo:

Ad oggi, in campo farmaceutico, non è disponibile una linea guida armonizzata a livello internazionale atta a valutare e controllare gli Extractables e i Leachables.

Anche se ICH ha sviluppato specifiche linee guida per la gestione e valutazione delle impurezze, quali ICH Q3A, Q3B, Q3C, Q3D e M7, gli E&L sono esclusi dall’ambito di applicazione di queste ultime.

Questa lacuna e la mancanza di chiarezza riguardo alla gestione degli E&L, ha generato nel corso degli anni incertezza e interpretazioni variabili. Questa situazione può comportare ritardi nell’accesso ai medicinali da parte dei pazienti.

Pertanto, nell’estate 2020, ICH ha rilasciato un concept paper per la proposta di linea guida ICH Q3E, specifica per gli E&L. Questa guida intende includere i prodotti chimici e biologici, compresi i prodotti di combinazione farmaco-dispositivo, ma non i dispositivi medici.

Finalità della nuova linea guida ICH sarà fornire:

– un allineamento all’interno dei documenti guida ICH; l’armonizzazione delle soglie e delle valutazioni di sicurezza; opzioni di controllo per la mitigazione del rischio; la conduzione di studi E&L; la progettazione di una strategia di controllo E&L basata su principi scientifici e basati sul rischio; processi per affrontare la selezione e la caratterizzazione di materiali e componenti; la valutazione del rischio e la gestione del ciclo di vita per i sistemi di chiusura dei contenitori, i sistemi di produzione e i componenti dei dispositivi di somministrazione dei farmaci.

 

Fraunhofer ITEM leading an EMA-funded research project

 

Nitrosamines (NAs) are a class of organic chemical compounds that humans may be exposed to by tobacco smoking or consuming certain foods. N-nitrosamines have been classified as probable human carcinogens and are categorized in the ICH M7 guideline as belonging to the “cohort of concern” group of high-potency mutagenic carcinogens. Some active pharmaceutical ingredients (APIs) carry NAs as impurities from production and/or storage or may cause their formation in the gastrointestinal tract.

A joint research project funded by the European Medicines Agency (EMA) and led by Fraunhofer ITEM will shed light on the mutagenicity of different classes of NAs to distinguish highly potent from less potent carcinogens. Besides classical nitrosamine structures, API-like nitrosamine derivatives will also be investigated. It will be of particular importance to look for their ability to undergo metabolic activation and to form different DNA adducts. Additionally, corresponding DNA repair mechanisms will be addressed for the first time. By developing novel in-silico as well as in-vitro test systems, the consortium aims to improve risk assessment and to derive reference doses such as acceptable intake (AI) values.

Initially, the focus will be placed on nitrosamine metabolites and their potential to damage DNA when not adequately repaired. The obtained data will be used to correlate the structure of NAs to their potential toxic/mutagenic effects. By means of a quantitative structure-activity relationships (QSAR) approach, this will allow derivation of acceptable intake values for compounds lacking appropriate in-vivo cancer studies, i.e. following a read-across approach.

Secondly, the effect of the physiological environment of the gastrointestinal tract (including the microbiome) on the formation of NAs from drugs or their degradation products will be studied. Due to the lack of knowledge about endogenous nitrosamine formation, it is of utmost importance to elucidate potential mechanisms in order to reduce the carcinogenic risks for patients. Research findings of these laboratory studies will be integrated and generalized in order to develop predictive QSAR models for the susceptibility of drugs to be nitrosated.

Finally, current bacterial mutagenicity test systems as well as novel in-vitro genotoxicity tests, such as the comet assay in liver cell models (primary human and rat hepatocytes, human liver cell lines), will be evaluated, optimized and validated. Metabolic competence will represent one key topic, to reach the final aim of reliably detecting mutagenicity of different NAs.

 

 

Source:

https://www.item.fraunhofer.de/en/press-and-media/press-releases/mutagenicity-of-nitrosamines.html

The context

 

Nitrosamines have become a focus of global regulatory agencies, including FDA, due to the discovery of trace amounts of these compounds in a class of drugs known as angiotensin II receptor blockers (ARB), frequently referred to as “sartans.” The “sartan” molecules involved include valsartan, losartan, irbesartan, azilsartan, olmesartan, eprosartan, candesartan, and telmisartan. Valsartan and losartan were the most severely affected due to their market share when several lots were recalled.

The genotoxic and carcinogenic potential of N-nitrosamines raises a serious safety concern, and in September 2020, the FDA issued guidance for the pharmaceutical industry regarding the control of nitrosamines in drug products.

The FDA database shows that >1400 product lots have been recalled from the market due to the presence of carcinogenic N-nitrosamine impurities at levels beyond the acceptable intake limit of 26.5 ng/day. The drugs that were present in recalled products include valsartan, irbesartan, losartan, metformin, ranitidine, and nizatidine. This perspective provides a critical account of these product recalls with an emphasis on the source and mechanism for the formation of N-nitrosamines in these products.

Many of the global regulatory authorities, including WHO, EMA and Health Canada have provided directives regarding evaluation of nitrosamines in products including complete retrospective analysis of all approved Drug Products (DPs) based on the strong concern of possible carcinogenicity effects on exposed patients and to mitigate such an effect.

Very recently, in February 2021, FDA release a draft guidance for Industry: Click here for the original document

The FDA Guidance for Industry gives suggestion to the industry on how to approach the assessment of the nitrosamine in drug active and drug products including some indication of acceptable limits for some of them as in the following figure:

Recommendation to API manufactures and to Drug Products manufacturers are included to mitigate the impact of nitrosamine impurities in drugs as well as how to control the drug supply chain and how to report changes to reduce their presence.

Since some years, Pharmaceutical Industry activated itself to study such a problem from an analytical point of view and provide toxicological assessment to reach possible acceptable level of nitrosamine species in a variety of drug product.

The industry proposes a streamlined approach to reduce the presence of nitrosamines in their Drug Products is based on better understanding of the source of these impurities. The risk evaluation will take into account all aspects of the development of the DPs throughout its life cycle.

Five sources of nitrosamines formation have been identified:

  • presence of certain process condition and certain raw materials, starting material and intermediates with lack of complete purging methods to avoid the contamination;
  • the use of sodium nitrite or other nitrites in presence of secondary and tertiary amines. They can be present in solvent and reagents or in common bass such as triethylamine;
  • the use of contaminated raw materials such us in the manufacturing process such as recycled solvents, reagents and catalyst that can pose a risk due to the presence of amines in the waste stream;
  • Using third parties to recover the materials (again solvents, reagents and catalysts) which are not addressed to pose attention to the contamination matter and do not use appropriate dedicated equipment;
  • the use of contaminated starting materials including intermediates from providers using chemical processes which produce nitrosamines.

The risk-based approach adopted by pharmaceutical industry is addressed to understand the chemical source of nitrosamines by evaluating the chemical process to manufacture the API (Active Pharmaceutical Ingredients) and any possible co-formulants.

This implies several focused evaluations:

  • a complete analysis of the supply chain/s;
  • a complete analysis of the chemical manufacturing processes;
  • a complete evaluation of the Drug Product, its storage condition, and possible degradation products and consequent reaction products when approaching the nitrosamine contamination in the final DP;
  • the development of suitable analytical methods to detect nitrosamines species with determination of a suitable LOD (Limit of Detection) and LOQ (Limit of Quantification) in correlation with the acceptable limits or absence of nitrosamine in API and DPs.

The discussion at the scientific and regulatory level is never-ending with particular reference to the setting of suitable analytical methods and to understand the huge chemical processes and cross-formation processes which lead to nitrosamines presence and, of course, setting of related acceptable limits.